Il Napoli è campione d’Italia già da qualche settimana – aritmeticamente – ma ha avuto la forza di ribaltare i pronostici della vigilia grazie al super lavoro in campo e fuori, dominando un campionato praticamente mai in discussione. Una cavalcata seguita da tanti tifosi partenopei, sparsi in tutta Italia e nel mondo e attraverso ogni tipo di mezzo di comunicazione – dalla TV al web, sfruttando ogni genere di connessione e collegamento VPN pur di non perdere neanche un attimo della cavalcata trionfale della squadra di Luciano Spalletti. Già, un allenatore che ha saputo fare la differenza e che ha portato il Napoli in vetta al calcio italiano, come raccontato anche da Alessandro Renica – che nella seconda metà degli anni ’80, indossando la maglia della squadra partenopea, ha vinto due Scudetti e sa bene cosa vuol dire conquistare un successo così importante in una città diversa dalle altre come Napoli: “Il “mio” Napoli era reduce da stagioni non certo esaltanti e viaggiava molto spesso a metà classifica. Arrivato Maradona gli bastò solo un anno di ambientamento per stravolgere tutto. Un tricolore inatteso, arrivato prima di ogni più rosea aspettativa.

Nelle ultime stagioni invece gli azzurri sono quasi sempre stati competitivi per il titolo, sfiorandolo nel 2016, nel 2018 e lo scorso anno. Le prove per il terzo sigillo non sono quindi mancate ma paradossalmente il trionfo è arrivato quando nessuno se lo aspettava, ovvero dopo gli addii di Insigne, Mertens, Koulibaly e Fabian Ruiz. Come il Pibe de oro però, Spalletti ha ribaltato i pronostici al secondo tentativo, dimostrando che le sue idee di calcio e il gruppo sono superiori al singolo. Sì, alla sua domanda rispondo affermativamente, per me il Napoli di De Laurentiis e Spalletti può aprire un ciclo vincente in Italia e in Europa”.

Renica e il Napoli di Maradona: “Tante differenze con quello di oggi”

Tante coincidenze tra le due squadre – in una città così scaramantica e legata ai numeri è facile trovare connessioni e legami di sorta – ma collettivi che hanno dimostrato di avere indole e necessità profondamente diverse nella strada che ha poi portato al successo: “Innanzitutto il Napoli del 1986-87 poteva contare sul giocatore più forte al mondo ovvero Diego Armando Maradona – prosegue Renica – Oggi Osimhen è l’uomo simbolo del Napoli, ma Diego non solo è stato il più forte al mondo ma anche un trascinatore solitario. Inoltre il Pibe de Oro era l’unico straniero in gruppo, ma ovviamente parliamo di un’altra era calcistica con regole assai diverse dai giorni nostri. Quest’anno invece, la banda Spalletti ha dimostrato di essere forte come collettivo. Osimhen ad esempio, quando è mancato, è stato sostituito egregiamente da Simeone che non ha fatto rimpiangere la sua assenza, tutt’altro. Nel Napoli del terzo scudetto tutti si sono rivelati utili ma nessuno indispensabile, la stessa cosa non si può dire certo per un giocatore come Maradona”.

Un successo così perentorio da permettere ai tifosi del Napoli in parte di “snaturarsi” e trovare il modo di celebrare al meglio una vittoria attesa per ben 33 anni:

“Da gennaio, i tifosi napoletani hanno esorcizzato la scaramanzia non soltanto festeggiando molto prima lo scudetto, ma anche trovando delle similitudini tra quel periodo e questo attuale: sia Corrado Ferlaino che Aurelio De Laurentiis hanno aspettato 18 anni per portare il Napoli alla conquista del primo tricolore; sia Ottavio Bianchi che Spalletti hanno vinto al loro secondo anno in panchina con i partenopei; nelle due annate il club campano ha sempre perso la prima gara dopo la sosta natalizia; entrambe le stagioni concluse col minor numero di sconfitte e maggior numero di vittorie”.

Coincidenze? No, chiari segnali che sarebbe stata la volta buona.

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